Di nuovo a casa
Lunedì, Luglio 24th, 2006E di nuovo a lavoro, anche se con un senso di stranimento veramente potente. Sì, faccio le cose, ma il cervello non è molto felice di collaborare. Riprendere a fare la vecchia vita è un peso persino nelle cose piacevoli, come uscire, leggere in camera mia. Semplicemente sono stata così bene che ora non riesco a capacitarmi che sia finita! Ogni santa volta che parto e vado via non sento alcun bisogno di tornare a casa, nessuna nostalgia. Al contrario, subito mi affeziono alla gente nuova, al posto, alle specialità gastronomiche (ho mangiato brasato di cervo con polenta e i magnifici casoncelli bergamaschi… e che dire dei funghi porcini di Montecampione?) al punto che penso sempre di essere una specie di nomade, una che non è attaccata per niente al posto in cui vive. In effetti penso che sia proprio così.
La settimana passata in montagna mi ha lasciato addosso un benessere incredibile che mi è entrato nelle ossa e mai mi sono sentita così riposata, rilassata nonostante ore di treno, una notte insonne… talmente ben predisposta verso la vita e completamente guarita dal morbo del sonno che nemmeno mi riconosco più. Montecampione è discreta, nascosta tra abeti lussureggianti, così rarefatta che pare far parte della natura. Nel silenzio di quei giorni ho goduto di enormi distese del più bel verde che potessi immaginare, di decine di api pelose che ronzavano miti di fiore in fiore, del gorgogliare pacifico di un ruscello perso nel bosco, dei tramonti rossi che infuocavano le villette già rossicce, del suono la notte di uccelli mai ascoltati. Ho anche trovato una ragione di vita: trovare dei funghi.
Nonostante Giovy sostenesse che i funghi si trovano in autunno, mi sono accanita e lasciata accecare dal desiderio fortissimo di trovarne anch’io. Mai visto un fungo in un bosco! Così, anche se non sembrava ci fossero grandi speranze lungo i sentieri, ho rovistato sotto le foglie, ho setacciato sotto tutti gli alberi animata da una cocciutaggine insolita per me, persino mi sembrava di sentirne l’odore nell’aria, ho cercato, cercato per un sacco finché… eccoli! In bella mostra proprio sotto il mio naso e così grossi che certo non c’era bisogno di affaticarsi per scorgerli! La soddisfazione è stata enorme, accresciuta ulteriormente dal fatto che Giovy non avrebbe puntato un centesimo su un simile ritrovamento
Così i beati giorni di ozio e fatica montanara sono scivolati via pigramente. Abbiamo letto (ho finalmente iniziato a leggere l’ultimo romanzo di Ian McEwan), giocato a ping-pong all’ultimo sangue, cucinato tutto quello che ci andava, passato un numero incredibile di ore a letto, anche visto un film al cinema: In due per un delitto, una commedia francese insolitamente brillante, tratta da una storia di Agatha Christie, in cui si ride, c’è suspance, ma la cui soluzione finale non mi ha entusiasmato quanto il resto del film.
Infine Verona. L’emozione grandissima di vedere l’arena riempirsi, le luci tremolanti delle candele accendersi secondo il tradizionale rituale prima dell’opera e poi lo spettacolo emozionante della fine di Tosca e del suo amore, il pittore Cavaradossi… Durante l’aria “E lucean le stelle” abbiamo avuto i brividi e alla fine l’arena tutta è esplosa in un’ovazione: il cantante ci ha concesso un ancora più emozionante bis ricominciando a cantare il suo amore per la vita…
Vorrei essere ancora a Verona, per le sue strade deliziose, seduta su una panchina con un occhio all’arena, oppure a piazza Erbe. Invece è stata una notte fugace, una specie di sogno inconsapevole che si è concluso all’alba, quando la luce trasforma ogni cosa, la stazione ritorna alla vita, l’odore dei cornetti si mischia al suono metallico di una voce registrata e tu sali sul treno che ti porterà via.