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Archive for the 'Libri' Category

Kitchen in treno

Giovedì, Novembre 23rd, 2006

Ma visto che le rivoluzioni mi piacciono, ora mi è venuta la smania di proseguire.
Ieri sono tornata dal mio primo viaggio di lavoro: due giorni e due notti a Prato senza aver potuto fare nemmeno una passeggiata per il centro visto che il tempo, inclemente, ha deciso di ostacolarmi con un piccolo diluvio nell’unico pomeriggio libero che avevo. È inquietante andare in una città e vederla solo dai finestrini di un taxi, ti fa venire l’odio per i taxi, vorresti che sparissero tutti e che in virtù di questo tutti fossero costretti ad andare a piedi - meraviglia. Camminare con lentezza.
Invece niente, tenebre e taxi fino a ieri, quando sono tornata indietro. C’era mio padre con me e io fin dalle nove del mattino morivo di sonno, visto che per l’ansia del lavoro la notte invece di dormire mi perdevo in ragionamenti sui commi del TUIR e frenetico controllo dei calcoli, roba che se mi avesse visto il mio ex compagno universitario Federico sarebbe caduto stecchito per terra dallo shock. Be’, i viaggi in treno sono seccanti e poiché all’andata mi ero annoiata terribilmente, visto che ho dimenticato fuori dalla valigia il libro che stavo leggendo, ho pensato bene di comprarne uno prima di avventurarmi sui terribili treni di Trenitalia (che sempre, sempre gentilmente ringrazia per la preferenza accordata).

Ebbene ho comprato "Kitchen" di Banana Yoshimoto. Ho sempre avuto la sensazione che tutti avessero letto Yoshimoto tranne me e non so più nemmeno io quante volte ho preso questo libretto in mano con l’intenzione di comprarlo, ma poi cambiavo idea: è così piccolo che spendendo due euro in più potevo assicurarmi una lettura più lunga (be’, ero all’università e il tempo aveva un’altra dimensione). Ma poiché ero curiosa, un giorno cominciai a leggerlo tra gli scaffali e lo trovai interessante, così stavo per comprarlo quando per l’ennesima volta qualcosa mi distolse all’ultimo momento e fallì anche questo tentativo. All’edicola della stazione di Prato, però, c’era ben poco che avesse potuto distogliermi, così ecco arrivato il suo momento.
In treno questo libro è perfetto. Se siete nella prima classe dell’eurostar, riesce quasi a farvi dimenticare quanto è scomodo il costoso sedile su cui siete seduti (che volete, gli schienali devono contenere l’invisibile gobba che tutti abbiamo sul dorso). È una storia molto triste, siamo d’accordo, ma anche profondamente umana e per quanto si possa essere lontani dalle esperienze della protagonista, è facile capirla perfettamente, ritrovare qualcosa di profondamente vissuto nelle sue emozioni e sentirsi terribilmente coinvolti dalle sue esperienze.
Un libro intimo e complice, con trovate splendide che funzionano perfettamente senza risultare forzate, delizioso, al punto che mi sono innervosita tantissimo quando sono dovuta scendere dal treno: devo leggere le ultime trenta pagine e ora vattelappesca quando potrò farlo.

La casa del sonno

Domenica, Settembre 17th, 2006

La casa del sonno_1.jpegVi dico la verità, ho sempre esitato a comprare i libri di Jonathan Coe. Non sapevo cosa aspettarmi, che genere di scrittore fosse, al di là degli elogi sperticati e i premi vinti come da quarta di copertina. Poi mi decido e prendo "La famiglia Winshaw", romanzo che l’ha reso famoso, la parabola thatcheriana di incredibile mordente in cui sono finita mentre ero sull’eurostar Firenze - Milano. Ero così entusiasta dai suoi personaggi caustici, dalla storia imprevedibile, dallo stile scorrevole e appassionato che là per là gridai estasiata al genio. Fu il finale a raffreddarmi, volutamente esasperato, gotico.

Uno scrittore così bravo merita in ogni caso una seconda prova, ed ecco, tra gli acquisti delle vacanze, La casa del sonno. Anche questo è uno di quei libri che, lette fatalmente le prime due, tre pagine, letteralmente ti fagocitano, diventano una vera droga, un’ossessione. È uno di quei libri per cui cominci a pensare che valga la pena mettere la sveglia alle sei del mattino per avere tempo di leggere ancora qualche pagina prima di andare a lavoro. Poi però te lo porti dietro, perché alla prima occasione puoi sempre sbirciare qualche altra frase…

La storia è un fantasioso gioco d’incastri, nello stile de La famiglia Winshaw. È un’equazione dove tutto torna, ma che di razionale ha ben poco. Lontano mille miglia dalla fredda eleganza dell’altrettanto inglese McEwan, questo romanzo è popolato di personaggi inquieti e accattivanti, prima giovani studenti, poi trentacinquenni, tutti legati dal filo rosso del sonno: c’è chi soffre di narcolessia, chi dorme troppo, chi invece non dorme mai e chi vorrebbe essere in grado di non dormire… Senza forzature, la storia si snoda, in un’altalena tra presente e passato, nell’austera Ashdown, una vecchia dimora a venti metri dalla viva parete della scogliera, enorme, grigia e imponente. Prima dimora universitaria, dodici anni dopo inquietante clinica che cura i disturbi del sonno dominata dal dottor Gregory Dudden, figura bersaglio di una strepitosa ironia da parte di Coe.
Questo libro è divertente, fantasioso e ironico, ma a tratti commovente e trattandosi di Coe, è ovviamente fatale. Fatale come il fotogramma di una pellicola perduta, che appare in sogno e segna il destino di chi lo insegue. Fatale come l’incontro in cucina tra Sarah e Robert, fatale come la partecipazione a un ridicolo convegno da parte di un importante psichiatra, come le parole che pronuncia la piccola Ruby nell’ultima notte della Casa del sonno.
C’è il tutto il gusto caustico di Coe, c’è il suo amore per il cinema (Jonathan Coe è autore di due biografie: quella di Humphrey Bogart e quella di James Stewart), la sua mordente vivacità. E quando l’avrete finito, vi resterà l’amaro in bocca.

Shopping

Venerdì, Agosto 18th, 2006

pyongyang.jpeg

Ecco un libro che voglio assolutamente ordinare (qui).

Pyongyang, di Guy Delisle, è un reportage a fumetti sulla blindata capitale della Corea del Nord. Blindata poiché avvinta da una spietata dittatura comunista, che come da copione tiene alla larga turisti e curiosi, per cui è praticamente impossibile avere contatti con la gente del posto. Ma questo fumettista canadese è riuscito a entrare e a lavorarci per due mesi, avendo così l’occasione unica di vivere in questo paese incredibile e poterne tracciare un resoconto.

Un libro che mi affascina proprio perché frutto di una matita e perché vicino a quell’incubo orwelliano che è 1984 (ma questa volta reale). Un occhio insospettato su una parte del mondo di cui ignoro praticamente tutto, una promessa di verità, un viaggio oltre i limiti dell’immaginazione occidentale.

A chi interessa farò certamente avere le mie impressioni dopo la lettura :-)

Saturday

Martedì, Agosto 8th, 2006

sabato.jpegSono finalmente riuscita a leggere l’ultimo romanzo di Ian McEwan. A questo libro è legato un aneddoto piuttosto ridicolo: una specie di spasimante (e per bontà caritatevole mi limito a definirlo così) voleva regalarmelo come segno del suo profondo interessamento/amore. Purtroppo il nome dell’autore, per chi non ha un orecchio pronto o non lo conosce, non è facile da capire. Ma il titolo, "Sabato" è in compenso semplicissimo, e chiedere in una libreria di un Sabato appena uscito, edito da Einaudi e in bella mostra in visibili, grosse, invitanti torri di libri, non richiede certo un eccessivo dispiegamento di inventiva o fantasia.
Fatto sta che dopo qualcosa come almeno sette o otto telefonate in cui mi veniva chiesto puntualmente come si chiamava il libro e assicurato che certamente l’avrei ricevuto in regalo, la mia povera pazienza si è esaurita e ho dichiarato che il libro l’avrei comprato io, tante grazie per la gentile offerta eccetera.
Non ci crederete, ma è bastata una frase del genere per far sparire nel nulla quest’assillante corteggiatore. Mesi di telefonate e ridicoli incontri di gruppo stroncati da un libro. Quale offesa rifiutare un McEwan! Prendetene nota, potrebbe esservi utile.

Il destino ha poi voluto che questo Sabato diventasse un graditissimo regalo di Giovy, che non ha avuto difficoltà a comprarlo! Un romanzo rimasto a lungo sulla mensola, finché è arrivato il suo momento. Ed ecco, posso dire subito che è bello, scritto bene, con una precisione impressionante e una padronanza di linguaggio da vero maestro, ma talmente cerebrale (e aggiungo: volutamente cerebrale) che non riesce a rapire del tutto il cuore. È un tributo alla mente, un’analisi sofisticata del cervello sia da un punto di vista materiale (il protagonista è un neurochirurgo), sia dal più complesso punto di vista delle sensazioni, dei pensieri che si rincorrono, che cercano spiegazioni, che si presentano senza apparenti ragioni, delle emozioni da interpretare, della coesione fra la coscienza e il resto del mondo.
La storia si svolge nell’arco di una sola giornata, come si evince facilmente dal titolo, ma naturalmente è ingrossata ragionevolmente dal passato e dai pochi personaggi che gravitano attorno al protagonista. Ed è proprio sui personaggi che avrei delle riserve. McEwan popola una storia, a tratti anche molto avvicente (ma non certo quelle 24 ore a perdifiato millantate sulla quarta di copertina), di uomini e donne al servizio delle elucubrazioni, anche se a dire il vero l’unico personaggio veramente rilevante è appunto il protanista neurochirurgo, attraverso il quale prendono vita tutte le altre figure.
Questi personaggi perfetti, intelligenti, buoni o cattivi che siano suonano finti, sagome magnificamente intagliate che sono lì solo per prestarsi alla speculazione intellettuale voluta dall’autore - a tratti davvero molto appagante. Sono pagine in cui c’è un poetico dispiego di talento, ma pure poco senso terreno, nonostante i riferimenti alla paura dei terroristi, alle immagini precise e verosimili del mondo contemporaneo. Ma è una realtà precisa come la può concepire una mente anche stando al buio, un disegno perfetto che prevede ogni particolare, un’immaginazione vividissima, ma che non sarà mai come aprire davvero gli occhi per strada. Un ovattato mondo perfetto anche nelle imperfezioni.

Madre brillante avvocato, padre neurochirurgo, figlio chitarrista blues di grande talento, figlia poetessa in procinto di pubblicare il suo primo libro, grande amore fra tutti, parole gentili… Persino all’antagonista della storia potreste disegnare una santa aureola sul capo.
Nel romanzo generosamente fioriscono momenti bellissimi, tra cui la descrizione di una vivida partita a squash e un intervento chirurgico questo sì talmente reale che pare di essere affianco al tavolo operatorio con il protagonista (grandissima prova della capacità di documentarsi che è un segno distintivo di McEwan).
Riflessivo, minuzioso, meno bello del precedente "Espiazione", ma comunque una buona prova per uno scrittore che è considerato (dalla critica) il maggior romanziere inglese della sua generazione.

Firme

Domenica, Luglio 9th, 2006

Sulla mia rivista preferita scrive anche Melissa P., che a chi non venisse subito in mente, (ma è difficile, visto che è uscito anche un abominevole film con questo titolo) è l’autrice del best seller “100 colpi di spazzola prima di andare a dormire“. Questa cosa mi ha lasciata abbastanza di sasso.
Baciata dalla fortuna e dalla ricchezza con un libretto pruriginoso e castigante, di cui basta leggere due o tre righe per buttarlo via senza scrupoli, questa ragazzina siciliana si può permettere ora di darsi un tono da autentica autrice, le cui opinioni sono così interessanti da meritare di essere pubblicate e divulgate. Ma a voi dice qualcosa questo suo “articolo”? In realtà è un elenco, non saprei come definirlo e pare serva solo a farci sapere che lei se ne andrà via chissà dove, senza avere in realtà nessun contenuto… Molto meglio i post che si vedono in giro sulla rete, eppure lei è qui, su Internazionale.

Giocando col Codice (da Vinci)

Mercoledì, Maggio 17th, 2006

Pare che sarà impossibile sfuggire al potere mediatico che l’uscita del film di Ron Howard creerà tra noi comuni mortali. Sto parlando naturalmente dell’attesissimo e ancor più controverso "Codice da Vinci". Chi non l’ha letto? Be’, io, tanto per esempio, poiché le mie letture sono un po’ differenti e questo romanzo non è mai riuscito ad attrarmi (come invece "Underworld" di Don DeLillo, che comprerò presto). Ma io faccio parte di un numero che è del tutto irrilevante. Dan Brown si è arricchito in maniera disgustosa (beato lui) grazie al numero dei lettori che ha conquistato, e questi stessi lettori arricchiranno anche la Sony Pictures, insieme a qualche altro.

Tra le mille follie che già si registrano ( ) gli appassionati potrebbero trovare ulteriore gaudio (oppure no?) da un gioco che parte oggi sulla rete. Ecco come si presentano:

"Il sito grattadavinci, è la proposta di un gioco, in arrivo tra poco, che vi farà divertire e vi condurrà attraverso i misteri del libro alla scoperta della verità."

Sarà così? In realtà il gioco è stato realizzato dagli studenti del corso Linguaggi e tecnologie multimediali del centro Elis di Roma. Vale a dire, di un istituto che fa capo all’Opus Dei… Buon divertimento! :-)