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Archive for Febbraio, 2007

Casino Royale

Lunedì, Febbraio 12th, 2007

007.jpegEccolo, il nuovo 007.
Dopo ripetuti rinvii io e Giovy siamo riusciti ad andare al cinema, così, anche se in ritardo, abbiamo assistito alla genesi di James Bond: Casino Royale infatti è il primo romanzo di Ian Fleming, quello in cui l’agente segreto britannico conquista il famoso doppio zero ovvero la licenza di uccidere.
Daniel Craig è ruvido e meno gentile di altri 007 dello schermo, ma forse proprio per questo più credibile. Del resto questo agente ancora agli inizi non ha sviluppato pienamente quella personalità leggendaria che ha contraddistinto lo James Bond che tutti conoscono: donnaiolo, giocatore, elegante e raffinato bevitore (in Casino Royale non ha neppure ordinato il classico Dom Perignon).
Il film, firmato da Martin Campbell, si apre con uno spettacolare inseguimento, a uso e consumo degli amanti del genere, per poi snodarsi in varie parti del mondo, abusando un po’ (ma questo è un male comune a qualsiasi trasposizione cinematografica dei romanzi di Ian Fleming) di deduzioni ricavate da sms inviati, cellulari e aggeggi tecnologici in genere - molto alla Jason Bourne, ma molto meno che in altri film della serie 007. Come dire che non vedrete Daniel Craig attaccato alle ali di un areo in volo…

Il ritmo sostenuto della storia ci porta fino in Montenegro, dove una partita a poker con milioni di dollari sul tavolo decide le sorti delle pedine in campo. Qui il film dà il meglio di sé.
Il cuore batte forte, la tensione è alta, gli occhi non possono staccarsi dallo schermo e la Bond-girl Eva Green (l’ex dreamer di Bertolucci) è decisamente affascinante mentre sfila in abito da sera nel Casino Royale, al punto che forse a qualcuno sarà sembrato che il fiato si mozzasse proprio come quello di James Bond.
Un film poco prevedibile (anche se io ho sfortunatamente presagito il finale) e ricco d’azione, moderno e convincente, che sfoggia tutti gli elementi del genere sapendo creare una tensione nuova e un po’ ricercata. Per chi ha sempre amato Jams Bond solo sulla carta (e vi invita caldamente a “convertirvi” ai romanzi di Ian Fleming, che sono assolutamente fantastici e privi di assurdità cinematografiche), una decisa approvazione: 7 e mezzo.

Le regole della dieta

Martedì, Febbraio 6th, 2007

Mini-rubrica di ispirazione anglosassone!

1) Non dite mai in giro che siete a dieta: gli sguardi tra il pietoso, il denigratore e l’incredulo sono sempre in agguato. Sarete voi, dopo, a ridere.

2) Cucinate solo schifezze: il cibo disgustoso non costituisce una grande tentazione e fa passare l’appetito.

3) Se avete i capogiri non è normale.

4) Per resistere alla tentazione della maxipizza farcita, prendetevi a schiaffi. O bevete mezza pinta di birra con le noccioline: sa di trasgressione, ma è meno ingrassante. 

5) Taroccare la bilancia non vale.

 

Desperate housewives

Giovedì, Febbraio 1st, 2007

 

desperate_1.jpeg

Le avventure delle popolari "casalinghe" di Desperate Housewives sono ormai note a tutti.
Una serie tv dove le donne, protagoniste e alleate, si muovono sullo sfondo di una vita provinciale apparentemente felice e piacevole, ma che nasconde sordidi misteri.

Il titolo, "Casalinghe disperate", già evoca non solo le difficoltà che le protagoniste devono ciclicamente affrontare, ma un senso di tensione nevrotica e di eccessi che pervade i loro stessi comportamenti. Un po’ alla Almodovar, sono donne sull’orlo continuo di una crisi di nervi che sopravvivono un po’ grazie alla complicità che le unisce, un po’ per sfrenata determinazione.
La serie deve inffatti il suo successo (a mio parere) non solo al moderno e condiviso concetto che le donne devono cavarsela da sole, che certo già in partenza trova larghi consensi, ma soprattutto grazie al tumultuoso avvicendarsi di meschinità piccole e grandi, azzeccando una felice miscela tra giallo, avventura, soap e pettegolezzo. Caustica, irriverente come una famiglia Addams di ultima generazione, senza scrupoli e molto morbosa. A Wisteria Lane le amicizie restano superficiali, le azioni esasperate e rese avvincenti a qualsiasi costo.

Le puntate infatti scorrono via veloci, senza pause, se non quelle fisiologiche di fine puntata in cui la voce narrante della vicina di casa, suicidatasi all’inizio della serie, contempla e commenta dall’alto quelle bizzarre pedine di Wisteria Lane, spesso sole e intente a commiserarsi, disperate ma mai pentite. Così accade che in una puntata e mezzo (spoiler ultima puntata andata in onda su RaiDue fino a fine paragrafo): Gabrielle riesca a trovare l’utero in affitto che desiderava, innescando una guerra in casa per il suo predominio nei confronti della cameriera (che si ammanta di finta ingenuità), che un detective scopra una relazione di Susan e che per questo la sua casa venga data tranquillamente alle fiamme dalla spietata Edie, che il figlio di Bree faccia in modo di andare a letto con l’uomo della madre e di farsi sorprendere, che lei poi lo abbandoni in mezzo a una strada e che ancora l’altra sua figlia scappi via di casa con un uomo dalla dubbia moralità, che una madre abbia quasi avvelenato il figlio ritardato, che Paul venga arrestato in seguito a una trappola a base di sangue e che infine Lynette scopra che il marito la tradisce alla grande con una misteriosa donna di Atlantic City e abbandoni la casa…

Si perde il fiato. Si resta afferrati da una tensione costante, da un sentore sinistro di pericolo che per me è addirittura eccessivo. L’idea è quella che non ci si ferma davanti a niente, che, per tutti, il fine giustica i mezzi. Non c’è spazio per la moralità e questo da un lato è gran bene (dall’altro, la leggerezza con cui certe azioni vengono fatte segue il tono da commedia della serie).
Il mio personaggio preferito è paradossalmente Gabrielle (e dico paradossalmente perchè è quella con cui potrei identificarmi meno), spregiudicata e viziata, che agisce solo per il proprio interesse personale, una donna quasi… inutile. Ma che appunto per questo non rischia di travolgerti in traumi nervosi come Bree, o nel fango della vita troppo domestica o troppo in carriera di Lynette, né nella maldestra e un po’ patetica dipendenza dagli uomini di Susan.

Il pericolo di una sceneggiatura tanto esagitata è: quando crollerà? Si legge in giro che dopo tanto successo e una pioggia di nomination ai Golden Globe e agli Emmy, la serie abbia perso gran parte del suo affezionato pubblico, tanto che addirittura Misha Barton, abbandonando The O.C., dovrebbe intervenire per salvare capra e cavoli. Intanto, non si corre certo il rischio di annoiarsi…