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Archive for the 'Cucina' Category

Il segreto del sugo di scampi

Giovedì, Dicembre 7th, 2006

scampi2.jpgQuesta volta anch’io, come Giovy, ho preparato un post che potrà magicamente apparire durante la mia assenza, così da non essere più invidiosa della sua insopportabile organizzazione da VIB (Very Importan Blogger)! A quest’ora sarò ormai in viaggio verso Roma, dove mi attende una meravigliosa vacanza questa volta non solitario/romantica, ma avvincente/divertente, perché il mio carissimo amico ci ospiterà gentilmente nel suo attico insieme alla sua simpatica compagna, cuoca dalle doti eccellenti.
Be’, visto che domani è festa, che noialtri blogger nella capitale faremo una cena tutti insieme a base di cucina tradizionale romana e che insomma, sto parlando di cibo (e sì che devo ancora riuscire a perdere un chilo), vi voglio proporre un piatto davvero molto semplice che non potrà lasciarvi indifferenti e che se amate un pochino il pesce dovete sperimentate: gli spaghetti con gli scampi di Bobo. La ricetta, parzialmente sperimentata pochi giorni fa, è strabiliante, ed è opera di Bobo, cuoco piuttosto noto dalle nostre parti, di origine romagnola ma molisano trapiantato, che ha un ristorante a 7 km da Termoli, nell’entroterra (Ribo, senza accento sulla "o").

Ebbene, non so se fate parte della schiera di ingenui che come me facevano il sugo di scampi semplicemente buttandoli in padella (che se il pesce è freschissimo dà comunque grandi risultati) con la loro corazza, ma se è così sappiate che tagliandoli dalla parte del ventre esattamente a metà, proprio come ho scoperto grazie alla ricetta di Bobo, otterrete un sugo cento volte più aromatico perché tutto il sapore della testa (che è bianca e assolutamente commestibile) si sprigiona nell’intingolo di olio, aglio e peperoncino… E’ davvero fantastico, parola d’onore!
Perciò ora non mi resta che augurarvi bon appetit ;-)  

Weekend gastronomico

Lunedì, Giugno 26th, 2006

Non sono morta io, è morto il mio computer, che è una bella seccatura. Averne uno nuovo non sarà immediato, così mi tocca rubare un po’ di spazio su quelli altrui quando capita l’occasione.
In compenso ho passato giorni dedita ai fornelli, dando sfogo alla mia antica passione per la cucina… Sabato sera ho organizzato una festa a sorpresa con buffet per Giovy, impresa titanica che consiglio solo a chi davvero ha un forte spirito combattivo, molta energia fisica e un po’ di denaro da spendere (che diventa tanto se siete perfezionisti e cominciate a scegliere le cose delle marche migliori, e aggiungete i fiori per la tavola, le candele, le fiaccole per il giardino…)
Mi sono sempre piaciute le feste a sorpresa. Non ne ho mai ricevuta una, ma organizzarle è davvero gratificante. La faccia sbigottita e felice del festeggiato, tutti i preparativi di cui è all’oscuro, le frottole geniali per mascherare ogni manovra sospetta, la scelta del regalo e dell’allestimento…

E’ andata bene, ma l’errore è stato concepire un menu composto esclusivamente da pietanze preparate in casa perché anche cominciando a predisporre tutto dal giorno prima, è necessario cucinare senza interruzioni per tutto il giorno della festa… Perciò il mio consiglio è comprare un bel pan-briosche già pronto per sostituire le bruschette e magari spiedini già pronti da fare alla griglia, di sera, al posto della complessa parmigiana.
Questo il buffet: parmigiana di melanzane, bruschette, pasta fredda, pizza rustica ai funghi, un vassoio di ananas, banane e fragole con panna e cioccolato, pasticcini al cocco, vino rosato (Corvo Rosa dei duchi di Salaparuta), birra, succhi di frutta e l’odiata (da me) Cocacola.
Molto più rilassante la domenica: degustazione di vino e prodotti tipici a Orsara di Puglia, con musica folkloristica, stupende stradine in salita e discesa, lucciole, tutta la magia delle sere d’estate… Ho il bicchiere da degustazione come ricordo e meravigliosi salumi comprati da un’azienda che li produce con carni da allevamento alla vecchia maniera, sapori mai sentiti… Non posso davvero pentirmi di non essere andata al mare!

(Alla fine è valso qualcosa mantenere Totti in nazionale…)

 

Il thé contro il caffè

Sabato, Giugno 10th, 2006

Anglossassoni contro meridionali, due filosofie di vita completamente diverse e apparentemente inconciliabili. Un ristretto, intenso caffè, rigorosamente espresso, bevuto quasi bollente al bar (e solo se Illy) o una tazza di acqua colorata dalla dubbia composizione? Cosa prendere durante un piacevole incontro pomeridiano, il thé o il caffè? Questo è il problema.

La tazzina di caffè al bar, macchiato o no, è un’istituzione italiana, un motto, il motore della Nazione. Immaginate cosa accadrebbe se sparisse il caffè da un giorno all’altro… Il caffè dà un piacere indiscutibile, è un po’ una scossa allo stomaco, te lo afferra, te lo avvolge, e lascia un piacevole profumo in bocca. Ma quanto dura questo piacere? A parte la difficoltà per alcuni soggetti di zuccherarlo (c’è gente per cui amaro è ancora imbevibile, ma già con mezzo cucchiaino di zucchero l’hai ammazzato definitivamente), il caffè può avere senso a fine pasto, quando sei disposto a ingurgitare ben poco, perché troppo satollo dal resto delle portate, oppure al mattino, quando devi correre da una parte all’altra e non è certo il caso d’indugiare davanti a un’abbondante liquido bollente. Ma, come ho detto alla mia cara amica Raffaella, il caffè è come un uomo che arriva, ti sbatte e se ne va dopo cinque minuti. Cosa diavolo puoi trarre da un rito del genere? Le chiacchiere sono decisamente sovrabbondanti, non puoi fare altro che contemplare il fondo vuoto della tazzina, il cucchiaino abbandonato in un angolo e spargere la restante parte della bustina di zucchero sul piattino, magari impastarlo con la goccia di caffè nero che è rimasto… finché qualcuno comincia a guardarti storto e ti fa capire che è meglio se la pianti.

Il thè, invece, benedetta invenzione. Non è amaro, e non dovendolo zuccherare, l’estenuante fase di assaggio granello dopo granello di zucchero si può eliminare del tutto. Si può fare a casa con enorme soddisfazione, basta comprare le bustine twinings e chi non pretende di bere incredibili e costosi intrugli che provengono direttamente da India o Inghilterra è bell’e soddisfatto. Puoi sbizzarrirti a cambiare gusto: frutti rossi, frutti di bosco, bergamotto eccetera (il thé verde lasciatelo perdere, per carità) e la preparazione è così semplice che è impossibile sbagliare il rapporto acqua/polvere. Ma ciò che più conta è che il thé ti coccola, è un autentico consolatore. Ti stringi alla tua tazza calda, respiri il profumo fruttato (nel mio caso sì, perché bevo il red fruits della twinings) e bevi un sorso alla volta, corroborante, mentre stabilisci un’autentica complicità con ciò che c’è nella tazza e pare proprio di essere abbracciati. Perché il piacere del thé non dura un istante. Il thé non si può bere in piedi, è un momento di autentica riflessione, una vera pausa, un rito che ferma il mondo, alle 17 in punto o giù di lì…

Ed è stata l’unica cosa, oggi, capace di farmi stare bene fino al punto di venire qui a scrivere finalmente un nuovo post! :-)

Sacher Torte

Giovedì, Febbraio 9th, 2006

Visto che martedì era il compleanno di Giovy, una torta era d’obbligo, così mi sono rimessa ai fornelli rompendo un vecchio giuramento secondo cui non avrei mai più voluto cucinare per un uomo… Be’, diciamo che dipende dall’uomo ;-)

Non sono una pasticciera, ma volevo fare una torta rigorosamente al cioccolato (sia il pandispagna che la copertura) e una mia carissima amica mi ha saggiamente suggerito la Sacher. Non l’avevo mai fatta prima, così mi sono messa su Internet in cerca della ricetta: ce ne sono parecchie, tutte diverse e tutte che dichiarano essere di riprodurre esattamente quella originale, cioè proprio quella che l’apprendista pasticcere Franz Sacher creò a soli 16 anni nel lontano 1832 (a dispetto del fatto che nello stesso paragrafo si dice che “fino ad oggi la ricetta della Sacher Torte originale, che prevede esclusivamente l’utilizzo di prodotti puramente naturali senza conservanti, è un segreto molto ben conservato dell’Hotel Sacher”). Tant’è…
Quella che ho usato la trovate qui, e l’ho scelta in base al fatto che mi pareva la più ragionevole come quantità e soprattutto perché la sua glassa di copertura era la più convincente. Se volete cimentarvi, sappiate che io ci ho messo tre ore e mezzo a farla e che proverei a sostituire il burro con la margarina Vallè. Per la glassa, usate poco più di una tazzina da caffè colma d’acqua e non vi scoraggiate se pare non si addensi troppo: stesa sulla torta prende subito consistenza! Ma che non vi venga in mente di fare delle aggiustature dopo un po’ perché è leggermente appiccicosa e si staccherebbe a pezzi. Però è una glassa che dà un mucchio di soddisfazione, e ti ci puoi specchiare dentro…
Ricordo che per non smontarli, gli albumi vanno incorporati con movimenti dal basso verso l’alto, mai mischiarli all’impasto in senso circolare! Infine la cottura è un po’ indicativa (credo dipenda dai forni): potete cominciare a fare la prova dello stuzzicadenti dal 45° minuto di cottura in poi. A me ha impiegato 50 minuti.
Guten Appetit! :-)