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Saturday

sabato.jpegSono finalmente riuscita a leggere l’ultimo romanzo di Ian McEwan. A questo libro è legato un aneddoto piuttosto ridicolo: una specie di spasimante (e per bontà caritatevole mi limito a definirlo così) voleva regalarmelo come segno del suo profondo interessamento/amore. Purtroppo il nome dell’autore, per chi non ha un orecchio pronto o non lo conosce, non è facile da capire. Ma il titolo, "Sabato" è in compenso semplicissimo, e chiedere in una libreria di un Sabato appena uscito, edito da Einaudi e in bella mostra in visibili, grosse, invitanti torri di libri, non richiede certo un eccessivo dispiegamento di inventiva o fantasia.
Fatto sta che dopo qualcosa come almeno sette o otto telefonate in cui mi veniva chiesto puntualmente come si chiamava il libro e assicurato che certamente l’avrei ricevuto in regalo, la mia povera pazienza si è esaurita e ho dichiarato che il libro l’avrei comprato io, tante grazie per la gentile offerta eccetera.
Non ci crederete, ma è bastata una frase del genere per far sparire nel nulla quest’assillante corteggiatore. Mesi di telefonate e ridicoli incontri di gruppo stroncati da un libro. Quale offesa rifiutare un McEwan! Prendetene nota, potrebbe esservi utile.

Il destino ha poi voluto che questo Sabato diventasse un graditissimo regalo di Giovy, che non ha avuto difficoltà a comprarlo! Un romanzo rimasto a lungo sulla mensola, finché è arrivato il suo momento. Ed ecco, posso dire subito che è bello, scritto bene, con una precisione impressionante e una padronanza di linguaggio da vero maestro, ma talmente cerebrale (e aggiungo: volutamente cerebrale) che non riesce a rapire del tutto il cuore. È un tributo alla mente, un’analisi sofisticata del cervello sia da un punto di vista materiale (il protagonista è un neurochirurgo), sia dal più complesso punto di vista delle sensazioni, dei pensieri che si rincorrono, che cercano spiegazioni, che si presentano senza apparenti ragioni, delle emozioni da interpretare, della coesione fra la coscienza e il resto del mondo.
La storia si svolge nell’arco di una sola giornata, come si evince facilmente dal titolo, ma naturalmente è ingrossata ragionevolmente dal passato e dai pochi personaggi che gravitano attorno al protagonista. Ed è proprio sui personaggi che avrei delle riserve. McEwan popola una storia, a tratti anche molto avvicente (ma non certo quelle 24 ore a perdifiato millantate sulla quarta di copertina), di uomini e donne al servizio delle elucubrazioni, anche se a dire il vero l’unico personaggio veramente rilevante è appunto il protanista neurochirurgo, attraverso il quale prendono vita tutte le altre figure.
Questi personaggi perfetti, intelligenti, buoni o cattivi che siano suonano finti, sagome magnificamente intagliate che sono lì solo per prestarsi alla speculazione intellettuale voluta dall’autore - a tratti davvero molto appagante. Sono pagine in cui c’è un poetico dispiego di talento, ma pure poco senso terreno, nonostante i riferimenti alla paura dei terroristi, alle immagini precise e verosimili del mondo contemporaneo. Ma è una realtà precisa come la può concepire una mente anche stando al buio, un disegno perfetto che prevede ogni particolare, un’immaginazione vividissima, ma che non sarà mai come aprire davvero gli occhi per strada. Un ovattato mondo perfetto anche nelle imperfezioni.

Madre brillante avvocato, padre neurochirurgo, figlio chitarrista blues di grande talento, figlia poetessa in procinto di pubblicare il suo primo libro, grande amore fra tutti, parole gentili… Persino all’antagonista della storia potreste disegnare una santa aureola sul capo.
Nel romanzo generosamente fioriscono momenti bellissimi, tra cui la descrizione di una vivida partita a squash e un intervento chirurgico questo sì talmente reale che pare di essere affianco al tavolo operatorio con il protagonista (grandissima prova della capacità di documentarsi che è un segno distintivo di McEwan).
Riflessivo, minuzioso, meno bello del precedente "Espiazione", ma comunque una buona prova per uno scrittore che è considerato (dalla critica) il maggior romanziere inglese della sua generazione.

One Response to “Saturday”

  1. EccessivaMente » Blog Archive » La casa del sonno Says:

    […] La storia è un fantasioso gioco d’incastri, nello stile de La famiglia Winshaw. È un’equazione dove tutto torna, ma che di razionale ha ben poco. Lontano mille miglia dalla fredda eleganza dell’altrettanto inglese McEwan, questo romanzo è popolato di personaggi inquieti e accattivanti, prima giovani studenti, poi trentacinquenni, tutti legati dal filo rosso del sonno: c’è chi soffre di narcolessia, chi dorme troppo, chi invece non dorme mai e chi vorrebbe essere in grado di non dormire… Senza forzature, la storia si snoda, in un’altalena tra presente e passato, nell’austera Ashdown, una vecchia dimora a venti metri dalla viva parete della scogliera, enorme, grigia e imponente. Prima dimora universitaria, dodici anni dopo inquietante clinica che cura i disturbi del sonno dominata dal dottor Gregory Dudden, figura bersaglio di una strepitosa ironia da parte di Coe.Questo libro è divertente, fantasioso e ironico, ma a tratti commovente e trattandosi di Coe, è ovviamente fatale. Fatale come il fotogramma di una pellicola perduta, che appare in sogno e segna il destino di chi lo insegue. Fatale come l’incontro in cucina tra Sarah e Robert, fatale come la partecipazione a un ridicolo convegno da parte di un importante psichiatra, come le parole che pronuncia la piccola Ruby nell’ultima notte della Casa del sonno.C’è il tutto il gusto caustico di Coe, c’è il suo amore per il cinema (Jonathan Coe è autore di due biografie: quella di Humphrey Bogart e quella di James Stewart), la sua mordente vivacità. E quando l’avrete finito, vi resterà l’amaro in bocca. […]

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